Il filosofo di campagna, libretto, Münster, Kördinck, 1764

925amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
930(Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
935serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
940ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
945   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me!
 Di donna il miglior mobile
 la nobiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
950secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza,
 il quarto è la costanza.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
955sarai la vezzosa
 padrona di me. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LENA
 
 LENA
 (Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
960ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
965resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
970ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che soleva
975con pelle di leone andar coperto;
 ma poi dal suo raggiar l’hanno scoperto;
 così voi vi coprite
 talor con li denari
 ma siete nel parlar sempre somari.
 
980   Quando si trovano
 le basse femine,
 parlano, dicono
 sempre così.
 
    «Eh non sapete?
985Nina l’ha fatta».
 «Che cosa dite?»
 «Lilla fuggì».
 
    Le basse femine
 sono così. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LENA sola
 
 LENA
990Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intiero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
995perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
1000allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
1005cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
1010Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia!
 LESBINA
1015Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
1020e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu Lesbina?
 LESBINA
                                            Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
1025basta Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
1030si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
1035Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
1040di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
1045lo farò volontier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
1050sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
1055per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
1060Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragion amica,
1065ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
1070ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
1075I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
1080Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiar. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
1085non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
1090non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
1095promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi;
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
1100Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
1105saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
1110la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
1115   Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
1120che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
1125battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
 ma dite di che?...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
1130   Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
1135Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
1140   Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
1145Sospendete. Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
1150   Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
1155che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
1160Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento;
 parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
1165siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
1170che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
1175o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò, per compiacervi, o cara;
 elegete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale; io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LENA e detti
 
 LENA
1180Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite.
 Pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
1185altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
 Son fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
1190(Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
1195passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentille, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite,
1200ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LENA
1205Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
1210voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
1215in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
1220Andiam. Rinaldo amato,
 l’innocente desio seconda il fatto.
 
    Dopo un’orrida procella
 che alle nubi il sole oscura
 più nel ciel serena e bella
1225spesso l’iride succede
 e co’ raggi il sol si vede
 più ridente scintillar.
 
    Doppo il duolo, affanni e pene,
 spero anch’io col caro bene
1230lieta in pace riposar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
1235qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
1240son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
1245se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
1250passar la gioventù